Nella volontà di trasmettere un’arte, come quella fotografica, si deve parlare necessariamente di tecnica ed emozioni come due elementi non scindibili ma complementari.
L’arte fotografica parte dall’osservare il modo che ci circonda. Bisogna essere prima attenti ed abili osservatori e poi solamente dopo , fotografi.
Osservare non vuol dire guardare, ma necessariamente accettare di togliere e cambiare i filtri delle nostre personali lenti fotografiche, gli occhi.
Significa esplorare lo stesso paesaggio con diverse modalità di visualizzazione.
Significa notare elementi nuovi prima sconosciuti ma sempre presenti o visti superficialmente.
Serve quindi allontanarsi prima dalla frenesia della vita quotidiana ed entrare in un mondo dove il tempo non è scandito dal ticchettio dell’orologio ma bensì dal nostro respiro e dalla luce che cambia e ci mostra in continuazione nuovi paesaggi esterni e nuovi territori inesplorati interni a noi stessi.
La fotografia ci dà la possibilità di raccontare attraverso una foto questi due mondi diversi in conflitto o in armonia tra loro.
Ed è così che quando scattiamo si sta raccontando ad esempio di Torino portando all’esterno anche una parte di se stessi, nascosta, magari sconosciuta.
Che sia un corso base, intermedio o avanzato noi fotografi, o meglio, guide all’osservazione, dobbiamo portare i nostri allievi ad una ricerca di una loro visione.
In un mondo fotografico sempre più omologato dove si vuole la ricetta pronta persino della creatività, dobbiamo fare un passo indietro e dare spazio invece alla diversità e all’imperfezione .
Permettendoci il lusso di sbagliare ma con stile, il nostro.
E allora inizialmente è permesso il bruciare le luci, le composizione sbilanciate, le linee cadenti, questo non perché non sia importante la tecnica ma perchè come in ogni arte tecnica ed estro sono due facce della stessa medaglia.
Al giorno d’oggi invece viene posta troppa attenzione sulla tecnica di scatto, sulle formule magiche di post-produzione, o sull’ultimo preset di color grading ecc…
Si Vuole di fatto, (lato insegnante) creare dei propri cloni, trasmettendo non più la propria arte ma il proprio ego.
Ed è così che si vedono in un workshop tutte foto simili ed editate allo stesso modo.
Io e Marco non abbiamo voluto portare soluzioni o ricette pronte ma bensì alcune domande alla quale i partecipanti riusciranno a rispondere nel tempo.
Abbiamo da un lato mostrato quello che sono le migliori tecniche di scatto e di composizione ma dall’altro dato la possibilità di sperimentare e di assecondare quella che era la visione del partecipante.
Abbiamo dato ai partecipanti la possibilità di sbagliare essendo liberi di esprimere la propria arte.
Quindi i risultati sono molteplici visioni di Torino nessuna giusta o sbagliata ma tutte diverse :chi ha visto una Torino colorata (alba), chi in bianco e nero(notte), drammatica e dark (ora blu), chi ha colto un particolare (gli aironi) chi si è divertito a distorcere degli elementi architettonici.
Non possiamo omologare la creatività adottando soluzioni standardizzate a delle situazioni sul campo complesse e sempre diverse.
Nel prossimo workshop parleremo di fotografia notturna e vedremo come stravolgere tutte le nostre credenze su di essa.
Se vuoi cambiare le tue foto in meglio devi prima permetterti il rischio di sbagliare.